L’opera seconda di Christian Marazziti (dopo E-bola del 2015) vuole indagare il fenomeno della nomofobia
(la paura di rimanere senza connessione), cercando di capire quanto la realtà
virtuale stia manipolando noi stessi e quanto sia importante darsi delle
possibilità, per far sì che questo mondo non ci isoli
da noi e dagli altri.
Ettore (Fabrizio Bentivoglio),
noto scrittore, guru dell’analogico e nemico pubblico di internet, in
occasione del suo compleanno porta tutta la famiglia nel suo chalet in
montagna, e cerca di creare finalmente un legame tra i suoi due figli, Claudio (Eugenio Franceschini), giocatore di poker on line, e Giulio (Lorenzo Zurzolo), liceale nerd e introverso, con la sua seconda moglie, la bella, giovane e un po’ ‘naif’ Margherita (Carolina Crescentini), incinta al settimo mese. Al gruppo si uniscono anche Achille (Ricky Memphis), fratellastro di Margherita appena cacciato di casa dalla moglie, e Tea (Giulia Elettra Gorietti), giovane fidanzata di Claudio e devota fan di Ettore. Arrivati allo chalet, trovano Olga (Antonia Liskova), l’affidabilissima tata ucraina, con la figlia Stella (Benedetta Porcaroli), adolescente dipendente dai social network. A sorpresa arriva anche Palmiro (Stefano Fresi),
il fratello bipolare di Margherita e Achille, fuggito dalla casa di
riposo. Quando il gruppo rimane improvvisamente senza connessione
internet, tutti entrano nel panico.
Se in Perfetti Sconosciuti la “scatola nera” di chiunque era messa alla mercé degli altri, Sconnessi è il suo opposto: il mondo virtuale non c’è più, è collassato per qualche istante, per qualche ora. Cosa fare?
Marazziti non ha intenzione di
scimmiottare gli isterismi dovuti all’assenza della rete, né ha
l’intenzione di giudicare i suoi protagonisti. Li racconta semplicemente
nel loro essere, senza i soliti cliché riguardo le differenze di classe
sociale o di età.
Il regista stesso ha detto come fosse importante per lui raccontare una storia di varie generazioni a confronto e due mondi diversi e paralleli (una famiglia radical chic ed una famiglia un po’ coatta) e la loro reazione attraverso la rete e durante la sua assenza.
Il regista stesso ha detto come fosse importante per lui raccontare una storia di varie generazioni a confronto e due mondi diversi e paralleli (una famiglia radical chic ed una famiglia un po’ coatta) e la loro reazione attraverso la rete e durante la sua assenza.
Sconnessi non è un film
superficiale come potrebbe apparire: sebbene non tutti i personaggi
siano sviluppati a fondo, essi incarnano un aspetto del mondo reale e
virtuale, e spesso il secondo è utilizzato per sopperire alle mancanze
del primo, per mascherare le fragilità. Mettersi a nudo diventa quel
rischio concreto con il quale non si vorrebbe avere a che fare. Troppo
difficile spogliarsi mentalmente, meglio essere lobotomizzati.
Le battute e la gag sono intelligenti,
efficaci, lo spettatore ride e sorride con amarezza.
E poco importa se i protagonisti sono così diversi, se si è dipendenti da shopping compulsivo, se si è un poco cinici o matti da legare. Tutti vengono trattati con tolleranza, non si disprezza il diverso, perchè ci si impara a conoscere (senza internet) per davvero.
E poco importa se i protagonisti sono così diversi, se si è dipendenti da shopping compulsivo, se si è un poco cinici o matti da legare. Tutti vengono trattati con tolleranza, non si disprezza il diverso, perchè ci si impara a conoscere (senza internet) per davvero.
Eppure il film è un manifesto alla speranza,
la speranza per un mondo migliore da dare e preservare alle future
generazioni: un appello che cresce e richiede attenzione come la nascita
di una nuova creatura, per la quale non si desidera che il meglio per
il proprio futuro.
La recensione integrale su My Red Carpet
Nessun commento:
Posta un commento