giovedì 5 settembre 2019

Venezia 76 - Ema

Tra i diversi film in concorso alla 76° Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica di Venezia ce n’è uno molto particolare: Ema.

Dopo aver presentato tre anni fa Jackie, Pablo Larrain torna con un film che prende in esame diversi temi, come il futuro, le modalità delle giovani generazioni di emanciparsi e il senso di libertà odierno.

Ema (che vede un cast composto da Gael García Bernal e Mariana de Girolamo al suo esordio cinematografico) si focalizza, in maniera particolare, su un genere musicale come il reggaeton, molto di moda in America Latina e, soprattutto, in Cile.
Lo scopo principale del film, però, è mettere in evidenza il fatto che le nuove generazioni sono inevitabilmente diverse dalle precedenti: generazioni che esprimo il loro senso di libertà attraverso l'arte della danza.



Non è forse un caso il fatto che per le nuove leve il reggaeton possieda un ritmo che rompe completamente il muro dei luoghi convenzionali portanto, battito dopo battito, alla libertà. Un ballo che può apparire primitivo e che moderno come non mai, un atto di pura evoluzione, liberazione e seduzione. 

Un'arte che, seppur svolta individualmente, consente comunque di fare gruppo, di unire anime diverse. Un modo diverso da quelli consuetudinari per esprimere quell'idea di futuro che sembra tanto lontano ma che è possibile già toccare con mano, con la consapevolezza che le certezze del passato rimangono a quel tempo e che non possono trovare più spazio in un mondo come quello attuale.

Ma Ema è anche altro: è il racconto di una madre che, pronta a combattere per i suoi valori ed ideali, cerca di costruire una famiglia che vada oltre le convenzioni, di avere una vita in cui possa essere libera di amare e di essere amata, discostandosi completamente dalle tradizioni.

In questo film Larrain vuole elaborare il trauma dell'abbandono di un figlio con un processo artistico senza redini: è così che il reggaeton diventa per la protagonista un veicolo di espressione artistica e non solo una danza comunicativa: un modo per capire cosa fare della propria vita e, più di ogni altra cosa, un modo per potersi finalmente perdonare.

 

Stando alle dichiarazioni dello stesso Larrain, Ema sarebbe un interessante esperimento per mostrare la famiglie di oggi e le tante sfumature in cui esse si declinano, senza che queste possano essere riposte in categorie precise. Insomma, Ema non è altro che un film che vuole sono mostrare (e dimostrare) le tante opzioni di vita che il tempo presente è in grado di farci esprimere.

Così facendo il film si fa quindi esperimento sociologico e prende in carico l'analisi di nuove galassie, che si fa portavoce di uno scontro generazionale tra leve tanto vicine negli annali, ma tanto distanti riguardo le proprie necessità e i propri ideali.

La protagonista diventa un sole che danza leggiadro e a cui le altre persone volteggiano attorno: una donna che si allontana da i princìpi canonici della vita e del ballo che hanno formato le generazioni precedenti, persone che faticano a rapportarsi e ad empatizzare con i giovani di oggi.

Ema è il sole danzante attorno a cui gli altri volteggiano, si discosta dai principi canonici della vita – e del ballo – che hanno formato le persone appartenenti alle generazioni precedenti (tra cui il marito) che faticano a scostarsi dai loro principi e ad empatizzare con i giovani del giorno d’oggi. 

Non è un caso, dunque, che sia proprio la danza a farsi strumento ed espressione di libertà: una forma artistica che dalla libertà spirituale della sua forma primitiva è passata ai confini, alle convenzioni, alle limitazioni e alle precisioni per poi tornare a seguire la strada che la sta riportando verso la sua forma arcaica.