domenica 21 maggio 2017

Sicilian Ghost Story - Il potere delle fiabe

Di Matteo Marescalco
 
 
La vicenda ha inizio quando la macchina da presa segue i due giovani protagonisti, Luna e Giuseppe, che intraprendono un sentiero in un bosco. La cronaca criminale viene trasfigurata in fiaba (Giuseppe è figlio di un pentito di mafia, motivo per cui sarà rapito ed imprigionato), popolata da aiutanti e nemici ma, soprattutto, da una ragazzina che sa spingere il proprio sguardo al di là della realtà quotidiana.
 
 

Fabio Grassadonia ed Antonio Piazza, chiamati ad aprire la Semaine de la Critique della 70esima edizione del Festival di Cannes, dopo Salvo, tornano a soffermarsi su una tematica legata alla percezione ed alle dinamiche dello sguardo dei loro personaggi.
Come in Anna di Niccolò Ammaniti, altra fiaba siciliana, gli adulti diventano contesto e finiscono per essere caratterizzati da una cecità, probabilmente un po' banale, che li schiaccia come figurine, caratteri squadrati che aderiscono ad una precisa idea senza mai scostarsi da essa.
Luna, invece, è una principessa combattiva che «discese nel regno paterno e che lì regnò con giustizia e benevolenza per molti secoli, (…) che lasciò dietro di sé delle piccole tracce del suo passaggio sulla terra, visibili solo agli occhi di chi sa guardare».

La ricerca privata di cui si rende protagonista è una discesa in un mondo oscuro e un'esplorazione della propria identità.
L'entroterra siculo in cui viene rinchiuso Giuseppe è un territorio in cui convivono due polarità: un contesto di tenebre gestito da loschi reietti umani contaminato da un'ideale di bellezza boschiva.
La provincia rurale e boscosa è fotografata da Luca Bigazzi, che ne esalta gli aspetti più onirici e slegati dalla realtà quotidiana.
La bellezza di Sicilian Ghost Story consiste nel carattere aperto del suo testo: lo spettatore potrà scorgere in esso la fiaba, la narrazione sociale sul contesto mafioso, il coming-of-age della sua protagonista, persino una tenera love story tra Giuseppe e Luna.
 

Perché, nonostante il carattere evocativo ed onirico delle immagini non venga messo al servizio della narrazione, o raggiungendo un'intensità che, a tratti, diviene incontrollabile per i due registi o limitandosi a sfiorare una magia che non riesce mai a coinvolgere veramente lo spettatore, Sicilian Ghost Story propone l'elaborazione di un evento rimosso dalla memoria collettiva che ha il coraggio di sfidare le convenzioni socialmente accettate.
Ed il cinema politico indossa un soprabito favolistico che, in relazione al proprio statuto di testo aperto da leggere seguendo percorsi differenti, non può che renderlo più consapevole e forte.

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