sabato 3 dicembre 2016

Sully - Esperienza e responsabilità di un uomo umile

Quando in genere si tende a riportare sullo schermo eventi di portata storica, che siano di carattere disfattista, eroico, giudiziario o dal riflesso mediatico, si corre sempre il rischio di presentare fatti urlati, drammatizzati, trattati in modo superficiale.
Ma Sully è di tutt'altra parrocchia.
La vicenda che ruota attorno al volo pilotato da Chesley "Sully" Sullenberger il 15 gennaio del 2009 è piuttosto nota: quel giorno di gennaio, un airbus della US Airways, partito dall'aeroporto di La Guardia (NY) e diretto a Charlotte (Carolina del Nord), impattò nei cieli di New York con uno stormo di oche canadesi.
Il comandante del volo, Sully, si ritrova a dover prendere la migliore delle decisioni per poter salvare le 155 persone, tra passeggeri e i membri dell'equipaggio, tentando un ammaraggio di emergenza (poi riuscito) sul fiume Hudson.
 

Quello che Clint Eastwood (il regista del film) vuole esporre al pubblico è la mancanza di tatto e l'ostinazione di dover per forza accusare il comandante (interpretato da un meraviglioso Tom Hanks, che ha messo ad ottima prova ogni fibra del suo essere per poter prestare se stesso alla miglior rappresentazione del protagonista reale) di non aver fatto il meglio, di aver addirittura messo in pericolo tutti i passeggeri con una mossa azzardata.
Tuttavia, 208 secondi sono davvero pochi per poter prendere una decisione che sia un buon compromesso per la salvezza di tutti (quando l'azzardo, invece, è altrui) e solo un pilota con 40 anni di carriera può avere l'esperienza ed il sangue freddo di poterlo fare.
 

Come e perché si può e si deve tentare di tutto, appellandosi alle tecnologie di ultimo grido, per poter mettere un uomo, che ha svolto al meglio il suo lavoro, spalle al muro pur sapendo nel profondo che le alternative considerate valide avrebbero causato morte certa?
E come potrà mai sentirsi quest'uomo, di cui dei suoi 40 anni di carriera ne verranno valutati solo gli ultimi istanti, che viene scisso dai più come un eroe o come una specie di giocoliere?

Eastwood vuole che lo spettatore venga posto davanti allo scavo di questa vicenda processuale, dove i dettagli sono le parti più importanti per dipanare i dubbi, i sospetti, i pregiudizi, le ostinazioni; essi vengono dosati e somministrati ogni qualvolta vengano riproposti i 208 secondi che hanno fatto scaturire tutto quanto.
La vicenda, i fatti, le azioni vengono presentate senza urla, senza enfasi, in maniera più distaccata possibile.
Eastwood insiste per mostrare il rigore e il senso di responsabilità; non a caso le espressioni, i gesti ed le azioni sono contenute, non esprimono mai troppo o troppo poco di quello che potrebbero fare.
In Sully ogni componente, che sia una parola, un sentimento, uno sguardo, un dettaglio, ha una propria connotazione ed un proprio peso specifico.
Il vero Chesley "Sully" Sullenberger
Tutto ha una sua responsabilità, né più e né meno.
Ed è allarmante rendersi conto di quanto si sia più disposti e di quando sia più facile condannare e vedere del marcio in una persona solo perché potrebbe aver creato un danno di immagine, quando bisognerebbe essere fieri e prendere ad esempio il senso di responsabilità rispetto a ciò che si svolge e soprattutto verso le vite che si affidano nelle mani di una persona che non ha mai pensato alla sua immagine o a mere conseguenze egoistiche.

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