venerdì 6 settembre 2013

Joe

A Venezia 70, David Gordon Green porta "Joe", dopo aver vinto a Berlino quest'anno, il premio alla miglior regia per il film "Prince Alavanche".
Generalmente i film di Green sono costruiti su storie semplici, ma lui riesce, usando anche un basso budget, a farli diventare grandi, basandosi sui dettagli e creando quindi, un imbarazzo per quei film, hollywoodiani costosi e patinati.
Green cerca di porre, in questa pellicola, la riflessione tra padre e figlio, la maturità di quest'ultimo e l'affetto che può nascere per una persona conosciuta da poco.

Il tutto inizia quando Gary, ragazzo quindicenne e arrivato da poco in città con la sua famiglia, chiede a Joe Randsom di poter lavorare per lui.
Joe arriva da una vita difficile; è un ex detenuto che cerca di tenere a bada il suo istinto rabbioso e che è ha capo di un gruppo, incaricato da una società, di far morire degli alberi, per mettere al loro posto dei pini robusti.
Notando la grande forza d'animo di Gary, decide di assumerlo e consente di far portare anche il padre del ragazzo.
Anche Gary, arriva da condizioni difficili, seppur ben diverse da quelle da cui proviene quello che sarà il suo protettore; "la famiglia è tutto ciò che conta" dice la madre, peccato che lui sia l'unico in grado a portare i soldi a casa prestandosi per lavoretti, soldi che vanno per la maggior parte a finire in alcool e sigarette grazie ai due genitori (il padre ubriacone e la madre incapace di reagire). In più ha anche una sorella che è diventata muta da un giorno con l'altro, che fungerà come da chiave di volta per il finale.
Tutto inizia cosi, con un incontro tra i due protagonisti, nato un pò per caso, ma che sfocierà in un grande affetto.
La pellicola tratta da un romanzo di Larry Brown omonimo, mostra un'umanità spaccata, allo sbando, che cerca di sopravvivere e dove la contrapposizione cattiveria / affetto la fa la padrona.
Un grande Green che ha saputo dare un grande rilievo a una storia magari apparentemente banale, e un ancora più grande Nicholas Cage, che finalmente vediamo fuori dai soliti canoni storici/fantascientifici e che ha messo tutto sè stesso in un personaggio muscoloso, barbuto, e apparentemente superficiale.
Una nota di merito va anche a Tye Sheridan, così giovane ma così bravo da interpretare un ruolo per niente facile.

Voto personale e complessivo: 8 e mezzo /10!

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