martedì 25 ottobre 2016

Pif, In guerra per amore: l’importanza sociale, la lezione di Scola

Di Emanuele Paglialonga
 
 
A tre anni di distanza da La mafia uccide solo d’estate, Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif, fa il suo ritorno dietro la macchina da presa con In guerra per amore.
La sceneggiatura è da lui curata assieme a Marco Martani e Michele Astori.
L’importanza sociale

In guerra per amore è innanzitutto due cose: la prima, un ossimoro. Un ossimoro che merita di essere approfondito. Un conflitto bellico è forse una delle cose meno romantiche in assoluto, e quindi chi mai può andare in guerra per amore? Pif, che parte dall’America nella quale è emigrato alla volta di Crisafullo, in Sicilia, per chiedere al padre di Miriam Leone il permesso di sposare la figlia. 
Quindi il centro della vicenda è la storia d’amore fra i due personaggi? Assolutamente no.
La seconda cosa è che In guerra per amore è un MacGuffin. Per chi non sapesse di cosa si tratta, citofonare Alfred Hitchcock: il MacGuffin è il pretesto che nei film dà avvio alla vicenda. Per i personaggi è ovviamente di vitale importanza, ma allo spettatore viene in tasca ben poco. Costituisce, sostanzialmente, l’espediente narrativo. Per intenderci: la valigetta di Pulp Fiction.

Le travagliate peripezie sentimentali di Arturo Giammarresi per ottenere la mano di Flora Guarneri sono più marginali che ne La mafia uccide solo d’estate. (anche qui, come nel film precedente, vi sono gli stessi nomi e cognomi per i due personaggi principali, nonché voice over ironica del protagonista che accompagna buona parte del film: in questo caso citofonare Nanni Moretti).

Ad andare in guerra per amore è anche il tenente Philip Catelli, interpretato da Andrea di Stefano (che oltre a essere attore ha anche diretto Escobar: Paradise Lost con Benicio del Toro). È lui il reale fulcro della vicenda.
Catelli va in guerra per amore del suo paese, gli Stati Uniti d’America. La Seconda Guerra Mondiale è in corso, e gli Alleati si preparano al loro arrivo in Italia; sbarcheranno, come a tutti è noto, in Sicilia. Problema logistico: con l’isola che si fa? La si conquista? Si ricorre alle armi? Come faranno i soldati americani a muoversi in luoghi che non conoscono, in cui si parla una lingua che ignorano? Servirà di certo un aiuto, fornito da Lucky Luciano, noto criminale della cosiddetta Cosa Nostra Statunitense, che dall’America invia una lista di fedelissimi gentiluomini siculi i quali sicuramente si metteranno a disposizione della nobile causa.

I servizi militari americani chiedono, quindi, aiuto a Cosa Nostra.
La mafia consegna l’isola agli americani, i quali si insediano per stabilire il da farsi. Criminali della peggior specie vengono liberati dalle carceri, e una volta che i soldati avranno abbandonato l’isola, saranno insigniti, come segno di riconoscimento per il lavoro svolto, di cariche civili, sociali e soprattutto politiche. I mafiosi vengono fatti sindaci, assessori e quant’altro. Prendono legalmente il potere. Così si insedia Cosa Nostra nella politica, la Piovra con tutti i suoi tentacoli. Da qui acquista tutto il suo potere e strapotere.

L’importanza sociale del film di Pif è dunque notevole, poiché educa lo spettatore con un film di finzione, una commedia.

La lezione di Scola

Il film si apre con una dedica piuttosto significativa, quella ad Ettore Scola, col quale Pif aveva legato nell’ultimo periodo della vita del regista e assieme al quale era stato protagonista del documentario Ridendo e scherzando – Ritratto di un regista all’italiana, scritto e diretto da Paola e Silvia Scola e incentrato sulla vita artistica e personale di loro padre.
La dedica al regista di Una giornata particolare e C’eravamo tanto amati è significativa in questo senso: il cinema di Scola è un faro per quello di Pif.

In In guerra per amore vi è una corsa-sfida fra il patriarca fascista e l’anziana vicina di casa per raggiungere il rifugio durante i bombardamenti, il primo con una statua di Mussolini, la seconda con la statua della Madonna, e la fine che entrambe faranno nel corso del film. L’eco lontano è quello di Splendor, film di Scola dell’ ’89 con Mastroianni e Troisi: siamo negli anni fascismo, in una piazza del piccolo paese di Arpino troneggia su un palazzo la scritta “È l’aratro che traccia il solco / ma è la spada che lo difende”, con in basso a destra l’autore della citazione, ovviamente Mussolini. Davanti a questo palazzo viene installato per delle proiezioni all’aperto un telone bianco, che va a coprire la parte sinistra della frase, che diventa ora così: “Il solco lo difende Mussolini”. Si avvicina agli operai una guardia baffuta e domanda: “Il solco lo difende Mussolini? Che è diventato una guardia forestale?”.

Questo è l’eco, questo è l’approccio. Il primo film da regista del Il Testimone era riuscito a far ridere parlando di mafia, con la scena di Totò Riina col telecomando dell’aria condizionata tragicamente esilarante, per arrivare poi a un finale commovente, che era un pugno nello stomaco. Il film, d’altronde, cominciava con questa riflessione del protagonista: “La mafia, a Palermo, ha sempre influenzato la vita di tutti, e in particolar modo la mia”.

L’idea che la Storia influenzi le vite di tutti ritorna nel nuovo film di Pif nell’impostazione generale, ma in maniera diversa: l’Arturo de La mafia uccide solo d’estate era cresciuto con Flora nel cuore, ma anche col mito distorto e comico di un Andreotti paladino della legalità. L’Arturo de In guerra per amore è invece molto meno ideologicamente coinvolto rispetto al precedente.
Per buona parte del film a lui non interessa niente delle nefandezze, delle infiltrazioni mafiose e le implicazioni politiche: il suo obiettivo è Flora, per il resto non ha la benché minima idea di cosa gli stia succedendo intorno. Sarà Catelli a fargli aprire gli occhi.

Nonostante ogni tanto sembri inciampare sul ritmo di scorrimento In guerra per amore riesce ugualmente nel suo intento di trattare argomenti scottanti, controversi e feroci, con un’ironia calzante in grado di arrivare a un pubblico più vasto possibile.

Il film, che è stato anche una delle preaperture dell’undicesima edizione della Festa del Cinema di Roma assieme a Pastorale Americana di Ewan McGregor e Inferno di Ron Howard, sarà distribuito nelle sale italiane il 27 ottobre in più di 400 copie.

mercoledì 12 ottobre 2016

American Pastoral - L'opera prima di Ewan McGregor!

Ci vuole un bel po' di coraggio nel predisporre l'adattamento cinematografico di Pastorale Americana come opera prima di regia.
Questo è quello che ha provato a fare Ewan McGregor che, candidamente (e con un po' di faccia tosta), ammette (in una conferenza stampa gremita, lo scorso 3 ottobre a Roma) di non aver mai letto il romanzo di Philip Roth, premio Pulitzer nel 1998, prima che gli venisse sottoposta la sceneggiatura.
E, quando si cerca di adattare un romanzo del genere, complesso e stratificato, diventa quasi inevitabile fare dei confronti con il punto di origine.
Di base, la storia è quella di Seymour Levov detto "Lo Svedese" (per le sue connotazioni nordiche), campione in qualsiasi disciplina, tanto buono e amato da tutti, che riesce a rilevare l'azienda produttrice di guanti del padre, a sposare Miss New Jersey e avere da lei una figlia, Merry.
Una famiglia perfetta, un lavoro perfetto, il tutto in un mondo perfetto.
Ma la vita di nessuno può essere perfettamente monotona; saranno la guerra del Vietnam ed i disordini razziali dei primi anni '60 a far diventare Merry sempre più ribelle ed estremista ed a portare una vera e propria guerra in casa. La fine del sogno di una vita perfetta. La fine del sogno americano.
 
In American Pastoral, Ewan McGregor e John Romano (lo sceneggiatore) hanno preso le redini del romanzo e hanno cercato di adattarlo nel modo migliore possibile (con Jennifer Connelly e Dakota Fanning nel cast) rimanendo, però, incastrati nel contesto familiare e nelle rivoluzioni ed evoluzioni ad essa interne, lasciando gli eventi storici quasi come dei pretesti per portare avanti la storia della famiglia Levov, che poi diventa quella del singolo uomo alla ricerca del tassello perduto (Merry) per ricomporre quel puzzle tanto perfetto.
Uno "Svedese" carico di ottimismo e stupore, alla ricerca di quella che sarà la sua futura conquista (i titoli, la moglie, Merry perduta), un Edward Bloom sincero e un po' ingenuo.

Per quanto sia ammirevole il tentativo di tale adattamento, probabilmente l'attore scozzese ha puntato ad un livello troppo alto per essere il primo film da regista, finendo per raccontare la storia di un uomo in termini morbidi e patetici, quando Roth descrive gli eventi storici di rivoluzione e di portata mondiali in modo spietato e feroce.
Nell'adattare testi così complessi (che sia un'opera prima o meno) forse si necessita di un regista che sia in grado di tenere saldamente in mano il timone della sua nave per non perdersi nel mare di parole romanzate ed essere depistati dalla nebbia della convenzionalità.

venerdì 7 ottobre 2016

"Qualcosa di nuovo" - L'incontro che cambia la vita

Di Emanuele Paglialonga


Something Old, Something New. Qualcosa di vecchio, Qualcosa di nuovo.
Erano i titoli dei due episodi conclusivi dell’ottava stagione di How I Met Your Mother.
Il trasferimento in Italia per Marshall e Lily, le nozze di Barney e Robin, durante le quali Ted avrebbe conosciuto finalmente la sua anima gemella.
Un vecchio e logoro divano rosso simbolo dell’amicizia fra Ted, Marshall e Lily: qualcosa di vecchio.
La ragazza con l’ombrello giallo: qualcosa di nuovo.
Equilibrio. Che viene a mancare quando in un film come Qualcosa di nuovo c’è molto di vecchio e poco di nuovo.

 
Il nuovo film di Cristina Comencini (un anno dopo Latin Lover) è tratto da una pièce teatrale della stessa regista (La scena) è stato sceneggiato assieme alla figlia (Giulia Calenda) e a Paola Cortellesi; la storia ruota attorno a due amiche di vecchia data (interpretate dalla Cortellesi, appunto, e Micaela Ramazzotti) molto diverse fra loro, che si trovano invischiate senza saperlo e senza volerlo in un triangolo amoroso con un ragazzo molto più giovane di loro (Eduardo Valdarnini) e che cambierà le loro vite.

L’impianto del film rimane in buona parte teatrale, diversamente da quanto accaduto lo scorso anno con Gli ultimi saranno ultimi di Massimiliano Bruno, adattato per il grande schermo dopo molte tournée e anch’esso con la Cortellesi protagonista e co - sceneggiatrice.
Lì si ricostruivano le vicende della protagonista a partire da un monologo in cui lei puntava una pistola contro un poliziotto dopo aver perso il lavoro.
In Qualcosa di nuovo ci si concentra sull’evoluzione di due storie sentimentali, con numerose entrate e uscite di scena, discussioni e equivoci, per poi arrivare alla scena clou, in cui tutto salta fuori e viene scoperto (che non è irricevibile ma di più per quanto è sopra le righe) ed a un finale improbabile, totalmente scollato dalla realtà.
Il film parte bene, i personaggi sono ben definiti e piano piano si sviluppa l’interesse per le loro vicende; ma il rischio di trasformarsi in cine-panettone è dietro l’angolo.

La coppia Cortellesi–Ramazzotti funziona magnificamente ed è attualmente l’unica a reggere senza problemi, fra le tante proposte nei film italiani degli ultimi anni: bisognava passare attraverso Buy – Ferilli (Io e lei) , Ramazzotti – Bruni Tedeschi (La pazza gioia) , Buy – Golino (La vita possibile) per arrivare ad un duo funzionale, dove l’una fa da contrappeso all’altra finendo quasi ad invertirsi i ruoli.
 
Il miglior lavoro di scrittura del film è costruito, infatti, attorno ai personaggi, credibili e ben definiti (almeno nella prima parte).
Da almeno un paio d’anni, ovvero da Scusate se esisto! del 2014, del marito Riccardo Milani, la Cortellesi co – sceneggiatrice dei film di cui è protagonista porta sempre una ventata di freschezza e originalità. In questo film, la coppia con la Ramazzotti è qualcosa di nuovo.
Il resto è già visto, meglio dimenticare. 

sabato 1 ottobre 2016

Prossima fermata: Festa di Roma 2016!

Un programma così ricco della Festa di Roma non si vedeva decisamente da qualche anno (dall'era Muller insomma).
E poco importa se sono per la maggior parte proiezioni di seconda mano.
L'11° edizione (13-23 ottobre 2016) che celebrerà, a vent'anni dalla scomparsa, il talento e la versatilità di Gene Kelly, un artista completo e con la locandina a lui dedicata (uno scatto di J. R. Eyerman, che lo ritrae durante le prove di Cantando sotto la pioggia, più precisamente quando immagina di danzare con leggiadria, con Cyd Charisse) è prodotta dalla Fondazione Cinema per Roma presieduta da Piera Detassis, e si svolgerà presso l’Auditorium Parco della Musica e in altri luoghi della Capitale.
 

Sono 44 i film e documentari della Selezione Ufficiale (3 di questi in collaborazione con la sezione autonoma e parallela Alice nelle città): tra questi gli attesi The Accountant, The Birth of a Nation, Florence (con Meryl Streep) e gli apprezzati (all'estero) Lion e Manchester by the sea. E, ancora, l'ultima pellicola di Andrzej Wajda Afterimage, e film come The secret scripture, l'atteso Snowden di Oliver Stone e Genius, con Colin Firth e Jude Law.
A questi 44 titoli si aggiungono 4 eventi speciali, tra cui la presentazione de Il paziente inglese da parte di Ralph Fiennes, Juliette Binoche e Kristin Scott Thomas e la presenza di Michael Bublé che, oltre a promuovere l'ultimo album, presenterà anche il primo film a lui dedicato, Michael Bublé - Tour stop 148.

Oltre ai film, vi saranno anche diversi incontri che spazieranno verso i mille campi dell'arte: da Tom Hanks (a cui sarà dedicata un'ampia retrospettiva e gli verrà assegnato un premio alla carriera) a Roberto Benigni, da Bernardo Bertolucci a Don DeLillo (scrittore, saggista, drammaturgo), da David Mamet (autore teatrale, sceneggiatore e regista) a Meryl Streep, da Oliver Stone a Andrzej Wajda.

Durante il periodo della Festa verranno resi diversi omaggi, tra cui a Micheal Cimino, Gregory Peck (i suoi figli terranno un incontro con il pubblico), Luigi Comencini, Gian Luigi Rondi e Alberto Sordi.

Nel periodo che precede l'attesa dell'inizio della Festa, verranno proposte diverse pre-aperture con American Pastoral di Ewan McGregor, La guerra dei cafoni di Davide BarlettiUn giorno a New York di Stanley Donen, Inferno di Ron Howard e In guerra per amore di Pierfrancesco Diliberto, rispettivamente il 3, 9, 10, 11, 12 ottobre.





Fonte: Festa del Cinema di Roma