sabato 19 gennaio 2019

Glass - I supereroi esistono davvero o no?

M. Night Shyamalan torna con Glass, ma non dimentichiamoci come ci aveva lasciato sopresi con il suo plot twist finale di Split, uscito esattamente due anni fa.

Così facendo, il regista indiano, cresciuto in America, aveva lanciato le sementi ed è riuscito a tenere il suo pubblico in sospeso per altri due anni, ricreando per quei 24 mesi la stessa tensione che immette nei suoi film. Sì perché, Shyamalan ha sempre magheggiato con le sue storie, realizzando film non convenzionali: ancora oggi, Il sesto senso, è uno dei film che ha dato origine a un thriller alternativo. 



Glass, quindi, ambientato dopo la fine di Split e, in questo nuovo film, David Dunn è all’inseguimento dell’identità sovraumana di Kevin Wendell Crumb (ovvero la Bestia). In una serie di incontri, mentre Elijah Price emerge dall’ombra nel ruolo di orchestratore in possesso di segreti decisivi per entrambi gli uomini.

Shyamalan ha saputo imporsi all’industria di Hollywood e a quella del cinema cosiddetto commerciale, riuscendo a mantenere un’impronta autoriale e un proprio stile. I suoi primi film hanno una narrazione fuori dalle regole canoniche, pieni di colpi di scena calibrati, con un eccesso di dovizia alla base, in grado di far saltare sulla sedia lo spettatore anche più reticente. E Unbreakable – Il predestinato faceva proprio parte di questa tipologia. Da Lady in the Water, la carriera del regista è andata perdendosi, districandosi con film dimenticabili come L’ultimo dominatore dell’aria o After Heart.

Eppure con The Visit era riuscito a tornare, si è cominciato a godere dei film. Split era un film equilibrato sotto tutti questi aspetti, in grado di tenere ad alti livelli l’aspetto ludico e di portare lo spettatore nella spirale di tutte le 24 personalità del protagonista, in forma empatica. 
 


Cosa che forse manca in Glass, l’empatia, che non consente di immedesimarsi con nessuno dei personaggi per poter guardare dall’esterno, per poter capire cosa succede, il perché e il per come i tre protagonisti, che si trovano uno a contatto con l’altro per la prima volta, siano rinchiusi nello stesso manicomio.

Eppure, nonostante ciò, Glass è totalmente apprezzare per la componente ludica, di un racconto fatto per inquadrature, con incroci di sguardi, con una tensione che non cresce piano piano ma s’impenna subito, con tre entità che si annusano l’un l’altra, che si studiano e cercano di capirle e capirsi.
Dall’indistruttibile di Unbreakable, allo spezzarsi di Split, alla fragilità di Glass, viene raccontato il mondo dei fumetti, quel mondo in cui ci si chiede se certi personaggi sono reali o esistono solo perché delle persone si autoconvincono di essere tali. Chi ha ragione? Dalla fragilità si può fare inversione e tornare all’indistruttibilità?


Articolo integrale su My Red Carpet

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